venerdì 23 febbraio 2007

La vita di magic johnson (prima parte)



Earvin "Magic" Johnson (nato il 14 agosto 1959) è stato un leggendario giocatore dei Los Angeles Lakers nella National Basketball Association (NBA), considerato tra i più forti di tutti i tempi, e insieme a Michael Jordan e Larry Bird, rivali e grandi amici, rivoluzionò il gioco nel corso degli anni '80.
Giocando come guardia, vinse cinque titoli NBA con la sua squadra (1980, 1982, 1985, 1987 e 1988), oltre ad aver guidato la sua università, Michigan State, ad un titolo NCAA nel 1979. Johnson è inoltre l'unico rookie (matricola) nella storia della lega americana ad aver vinto il premio "NBA Finals Most Valuable Player Award", il premio per il miglior giocatore delle finali, nel 1980. Solo quattro giocatori hanno vinto consecutivamente un titolo NCAA e quello NBA.
Biografia
"Magic" e il liceo
Nato a Lansing, Michigan, Johnson si guadagna il soprannome che lo ha reso celebre, "Magico", già al liceo dopo una partita da 36 punti, 18 rimbalzi e 16 assist. Dotato di un talento e di un carisma fuori dal comune era in grado di eseguire spettacolari e precisissimi passaggi smarcanti. Conosciuto non come un grande marcatore, Johnson si distingueva in tutti gli altri aspetti del gioco, dagli assist, arte nella quale era secondo solo a John Stockton (ex-playmaker degli Utah Jazz), ai rimbalzi, alla difesa.
Si trattava di un giocatore atipico per quel periodo e, per questo, rivoluzionario e di enorme impatto, grazie ai suoi 204 centimetri che non gli impedivano di giocare come playmaker, ruolo solitamente adatto a giocatori più bassi.
Il titolo NCAA
Il passaggio dal liceo all'università vide "Magic" confermare le sue qualità. Divenne in breve tempo il leader indiscusso della squadra degli Spartans, cioè Michigan State, portandola nel 1979 alla vittoria nella finale del campionato NCAA contro i Sycamores della Indiana State University, guidati da Larry Bird. Ancora oggi la finale del 1979 tra Michigan State e Indiana State rimane la partita di college più vista della storia del campionato. L'anno seguente passò alla NBA come prima scelta assoluta del Draft, atteso come pochi giocatori universitari prima e dopo di lui.
I Los Angeles Lakers
Molti temevano che "Magic" potesse in un certo senso "sgonfiarsi" all'impatto con la lega preofessionistica, fatto che accadeva, e accade tuttora, a molti promettenti giocatori universitari. Al contrario, però, Johnson sfruttò l'occasione per fare il definitivo salto di qualità, affermandosi già al suo primo anno come un elemento di grande spicco, riuscendo ad inserirsi in un team ricco di storia e stelle e molto competitivo, vincendo, come già detto, il premio "NBA Finals Most Valuable Player Award", il premio per il miglior giocatore delle finali, alla sua prima stagione nel 1980, quando addirittura giocò la sesta gara di finale contro i Philadelphia 76ers segnando 42 punti, ricoprendo il ruolo di centro al posto dell'infortunato Kareem Abdul-Jabbar.
Con "Magic", i Lakers vincono in totale cinque campionati NBA: 1980, 1982, 1985, 1987 e 1988. Per tre anni, "Magic" vince l'NBA MVP Award (il premio per il giocatore dell'anno della NBA), nel 1987, 1989 e 1990. Probabilmente per la franchigia di Los Angeles questi sono gli anni migliori e, in ricordo di questo periodo in cui le partite venivano chiamate Show Time, la maglia numero 32 indossata da Magic fu ritirata dalla franchigia californiana.
"Magic" si conferma un giocatore rivoluzionario e completo, pronto per essere utilizzato in ogni ruolo, anche se è come playmaker che ha lasciato un segno indelebile nella storia della NBA e della pallacanestro mondiale.
Gli allora emergenti Red Hot Chili Peppers, rock band losangelena, gli dedicano una canzone dell'album Mother's Milk (1989) intitolandola proprio Magic Johnson.
Le cifre
Le sue statistiche parlano da sole: 6559 rimbalzi, 10141 assist, 17707 punti (media di 19.5 punti per partita). Per tre volte fu il miglior marcatore dei Lakers, nel 1987, 1989, 1990, e due volte il miglior rimbalzista, nel 1982 e 1983. Il suo stile rispecchiava la sua personalità altruista, creando un gioco spettacolare e ricco di passaggi "no-look" (senza guardare a chi si passa la palla) e fantasiosi, contribuendo allo "showtime" dei mitici Los Angeles Lakers degli anni '80.

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